Giovedì 06/11/2025
a cura di AteneoWeb S.r.l.
Quanti commercialisti si sono sentiti dire dal cliente "Ma Dottore, non ci pensava lei?" proprio quando l'azienda ha l'acqua alla gola?
Un tempo era solo frustrante, oggi è un vero rischio professionale. Con le nuove regole sulla crisi d'impresa (art. 2086 c.c.), la responsabilità di tenere sotto controllo la salute dell'azienda è al 100% dell'imprenditore.
Il problema? Nelle piccole imprese, il cliente confonde la "tenuta della contabilità" (che serve per le tasse) con il "controllo di gestione" (che serve a non fallire). Pensa che se paga l'IVA, l'azienda sia sana. Ma non è così.
La situazione è ancora più pericolosa per i clienti in regime semplificato. Questo regime è "cieco": non tiene traccia dei debiti non ancora pagati o dei crediti non incassati. In pratica, un cliente può essere sull'orlo del fallimento e la sua contabilità fiscale non se ne accorge minimamente.
La soluzione: una "lettera di istruzioni" (e di difesa)
Per questo, molti studi stanno iniziando a usare un'informativa scritta. È un documento semplice da far firmare al cliente.
In breve, la lettera dice: "Caro cliente, attento. La legge obbliga TE a monitorare cassa, debiti e crediti. Il mio incarico 'standard' per le tasse non copre questo controllo".
Non è un atto di sfiducia, ma una mossa furba che porta tre vantaggi:
Ecco che un rischio si trasforma in un'occasione per vendere un nuovo servizio di consulenza (upselling) per monitorare davvero la cassa e la salute dell'azienda.